giovedì 6 dicembre 2007

Non più "Cosa Rossa", la sinistra sceglie l'arcobaleno






Il logo de La Sinistra e l'Arcobaleno, anticipato dall'agenzia DireBasta chiamarla Cosa Rossa. Il nuovo soggetto che riunisce Rifondazione, Pdci, Sinistra Democratica e Verdi si chiama “La sinistra e l’arcobaleno”. Almeno così dicono i segretari dei quattro partiti coinvolti, che si sono incontrati mercoledì in vista degli Stati generali che si terranno l’8 e 9 dicembre alla Fiera di Roma. Ma è lo stesso Diliberto, segretario del Pdci, ad ammettere che «abbiamo evitato le polemiche e gli argomenti che ci dividono». Dunque, ancora non si sa se alle prossime elezioni amministrative i partiti presenteranno liste comuni, né se il «segno grafico» presentato – nessuno si azzarda a chiamarlo simbolo – sarà davvero il nuovo marchio distintivo della federazione. Il dibattito, insomma, è ancora tutto aperto, e non mancano le note stonate.

Più di tutto, è l’annosa questione della falce e martello a scaldare gli animi degli esponenti della sinistra. Ma anche la scelta tra forza di lotta o di governo, va ancora condivisa. Dopo le affermazioni del presidente della camera Fausto Bertinotti sul «fallimento» del governo Prodi, si sbilancia Oliviero Diliberto, leader del partito che ha lasciato Rifondazione proprio in seguito alla scelta del Prc di far cadere il primo governo Prodi, nel 1998. «Noi – spiega il segretario dei Comunisti Italiani – abbiamo la vocazione ad essere una forza di governo, bisogna vedere se ci sono le condizioni per farlo. Non è obbligatorio. Ma all'opposizione – ha concluso – si va se si perde». La pensa così anche Fabio Mussi, leader di Sd: «La vocazione di una forza grande è sempre di essere forza di governo, ma – aggiunge – vocazione di governo non significa che dobbiamo stare per forza al governo». Comunque, tiene a precisare riferendosi all’uscita di Bertinotti, «la sinistra unita non deve essere una caserma». Nessuna subalternità, quindi.

Ma ad alzare la testa, sono anche gli esponenti minori dei partiti, quelli che accusano i vertici di Prc, Pdci, Sd e Verdi di aver fatto tutto da soli, senza coinvolgere la base. «Siamo ormai molto distanti non solo dal comunismo – dice il deputato Gianluigi Pegolo, militante dell’Ernesto, la minoranza del Prc – ma anche da una sinistra che si rispetti: il tutto si riduce ad una scritta e a un arcobaleno. Quella che si annuncia è una sinistra light che ha perso ogni riferimento nel mondo del lavoro anche nel simbolo: la Cosa Rossa delude». È arrabbiatissimo anche Marco Rizzo, coordinatore del Pdci: «Se il simbolo definitivo non avrà la falce martello ben visibile – minaccia – non sarò d'accordo». «Perché – continua – in una confederazione dove i comunisti sono la stragrande maggioranza si dovrebbero cancellare i simboli del lavoro? I nomi e le cose – ammonisce – vanno a braccetto».

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